Chi siamo

Coronas, è un'azienda a conduzione familiare che produce olio extra vergine d'oliva nel cuore della Sardegna.

Tradizione e passione
per un gusto autentico

Nel cuore della Sardegna, ai piedi del maestoso Massiccio granitico del Linas, sorge un’oasi di produzione di olio extra vergine d’oliva che incarna l’autentica tradizione e passione artigianale. Nel territorio di Villacidro, l’antica pratica della coltivazione delle olive viene tramandata di generazione in generazione, guidata dall’amore per la terra e dalla conoscenza dei metodi tradizionali. Qui, tra le rigogliose colline, gli uliveti di Coronas offrono frutti pregiati, raccolti con cura e trasformati con maestria per dare vita a un olio dal gusto unico e inconfondibile, testimone della ricchezza e della bellezza della terra sarda.

Il nostro Olio nasce da un processo tradizionale, da oliveti impiantati in terreni lavorati con la massima cura e attenzione, da olive spremute a freddo in frantoi di provata esperienza.

La bontà al primo sguardo

tutto il profumo di una terra genuina.

Tutto quello che potete chiedere a un olio.

Il nostro olio è fonte di benessere pura, poiché extravergine d’oliva.

Significa che rispetto a un olio non extra vergine è ottenuto dalla prima spremitura di olive attraverso processi meccanici, quindi senza ricorso a processi con sostanze chimiche, in condizioni che non causino alterazioni dell’olio e la cui acidità libera, espressa in acido oleico, non risulti superiore all’0,8%.

Tecnicamente l’acido oleico è un acido carbossilico monoinsaturo a 18 atomi di carbonio della serie omega-9: parole complesse per descrivere in realtà una pura ed efficace fonte di benessere, quale appunto quest’acido, noto per i suoi effetti benefici a carico del sistema cardiovascolare.

In particolare sembrerebbe avere effetti antiossidanti ed essere in grado di mantenere nella norma di livelli di colesterolo nel sangue (in particolare i livelli di colesterolo cosiddetto “cattivo”), inoltre è in grado di ridurre i valori della pressione arteriosa.

Riduce inoltre il rischio di trombosi, ictus, infarti e neoplasie, arrivando anche a ridurre i picchi di glicemia (anche a livello diabetico grave) dopo i pasti.

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Della parola oliva/o nel vocabolario sardo, ci sono varianti del fitonimo oliva, uliva e oliba in riferimento alle piante d’ulivo coltivate.
La parola ozastru-ollastu è invece riferita alle specie selvatiche ma nulla esclude che anche queste, in passato, venissero usate in Sardegna per produrre l’olio (ozu o ollu)
I vocaboli citati derivano dal latino e dimostrano che la coltivazione dell’olivo in Sardegna era praticata quantomeno all’epoca dei Romani: la storia dell’ulivo in Sardegna quindi non solo è secolare ma affonda le sue radici in epoche più remote, addirittura pre-latine.
Dimostrerebbero ciò alcuni toponimi sardi dove l’accento tonico cade sull’ultima vocale, non trovando riscontro nella lingua latina, esattamente come:
– Olloè (Villagrande Strisaili)
– Olobò (Urzulei)
– Olevà (Buddusò)

Il processo di produzione

Dopo la raccolta seguono i processi di lavaggio, frangitura, gramolatura, spremitura.Le olive arrivate in frantoio, poche ore dopo la raccolta, vengono adagiate nella cosiddetta tramoggia da carico, un elevatore a nastro che porta ad un ulteriore passaggio importante: la separazione delle olive dalle foglie. In seguito vengono lavate accuratamente per eliminare tutto ciò che potrebbe essersi depositato sui frutti durante i mesi all’aria aperta, e che inevitabilmente comprometterebbe il gusto dell’olio extra vergine.

Grazie ad un’azione di compressione ogni oliva viene schiacciata provocando la rottura delle pareti e delle membrane che compongono l’oliva, permettendo quindi di ottenere un estratto grezzo, definito anche pasta di olio.

La frangitura è un metodo veloce, perfetto per cicli di lavorazioni autonomi. Questa tecnica viene eseguita per mezzo di un macchinario, detto appunto frangitore a martelli, che permette di comprimere i frutti creando appunto una pasta densa e corposa. Manteniamo una velocità moderata in questa fase di lavorazione per non rischiare di “bruciare” l’olio.

Successivamente abbiamo poi la gramolatura, una fase che avviene appunto nelle “gramole” e che permette di separare le particelle di olio da quelle dell’acqua.

Solo a questo punto si passa alla vera e propria spremitura che può avvenire a caldo o a freddo. In questa fase molto delicata, si separano i tre elementi presenti nella pasta ricavata precedentemente nella fase di gramolatura, che sono: il mosto oleoso, la sansa e l’acqua di vegetazione. Ricordiamo che un olio per essere definito vergine, o meglio ancora extra vergine, deve essere spremuto a freddo perché solo così vengono mantenuti i principi qualitativi unici di un olio di qualità.

L’aspetto del nostro olio è gradevolmente velato, tipico dell’olio appena spremuto.

Ciò è segno della decantazione, metodo antichissimo per preservare in modo naturale la qualità dell’olio: il tutto avviene lasciando depositare sul fondo i sedimenti più grossolani che si sono formati dopo la spremitura

L’olivo ha un’origine molto complessa: l’Olea europea L. è una specie collettiva che raggruppa un gran numero di varietà migliorate e moltiplicate per talea o per innesto, non conosciute allo stato selvatico.

Queste varietà si riconoscono dal portamento, dalla forma delle foglie e per i frutti e vengono spesso riunite sotto l’appellativo di Olea Sativa

A piante spontanee, cespugliose, spesso con spine e con frutti generalmente molto piccoli viene invece riservato il nome di Olea Oleaster.

Queste forme sono molto diffuse in Spagna, Portogallo, Nord Africa, Crimea, Caucaso del Sud, Armenia, Siria, Sicilia, Sardegna ecc.

L’olivo appartiene quindi ad un gruppo di piante coltivate di varietà, nate per mutazione o ibridazione, che si sono adattate, soprattutto per coltivazione, ad alcune condizioni specifiche quali clima, calore, luminosità e suolo.

Fu l’uomo mediterraneo del quaternario a mettere per primo l’Olea in coltura (che aveva ovviamente un mesocarpo carnoso oleaginoso) analogamente a quello che fece l’uomo africano dello stesso periodo con le palme Elaeis dal quale veniva ricavato un olio commestibile.

L’olivo però, rispetto alla palma ebbe ed ha, tutt’ora, il vantaggio della sua propagazione per talea dai suoi ovoli: infatti così come noi vediamo i polloni sulla ceppaia i nostri antenati si accorsero che dagli ovoli crescevano piante identiche alla pianta madre.

L’introduzione della coltura dell’olivo in Sardegna si può far risalire al periodo compreso fra I’VIII ed il VII secolo a.C. ad opera di popolazioni di origine minoica, che ingentilirono gli olivastri locali con potature ripetute ed innesti.
Grazie alla costituzione di alcune importanti aree olivetate della Sardegna centromeridionale, in epoca romana si registrò un significativo sviluppo economico dell’olivicoltura.
La caduta dell’Impero Romano segnò un generale declino dell’agricoltura sarda e quindi anche della coltivazione dell’olivo. Abbandonata per tutte le epoche successive, l’olivicoltura conobbe la propria ripresa solo quando la Sardegna subì l’influenza politico-militare della Repubblica di Pisa, durante il XII ed il XIII secolo.
A questo periodo segui una fase caratterizzata da un modesto sviluppo che perdurò sino alla prima metà del XVII secolo, quando la legislazione spagnola consenti una certa espansione della coltivazione negli areali in cui era principalmente diffusa l’olivicoltura sarda.
Dopo la sostituzione dei governanti spagnoli con quelli piemontesi, e a seguito dei nuovi indirizzi agricoli individuati, furono avviate diverse campagne di sensibilizzazione con l’obiettivo di risvegliare l’attenzione degli agricoltori verso l’olivo e di migliorarne le tecniche produttive, estendendo le superfici coltivate e cercando di accrescere la qualità della produzione.

“Una buona terra e tanta passione alla base di un ottimo olio”